Supercondominio: gli “aventi diritto” a partecipare all’assemblea – Prima parte

12 Marzo 2020

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TAG: Aventi diritto, Riforma del Condominio, Supercondominio

Chi deve essere convocato nell’assemblea totalitaria del Supercondominio? Per essere più precisi, chi sono gli “aventi diritto” ad essere convocati previsti dalla nuova versione dell’art. 1136 c.c.?
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Come abbiamo già visto in precedenza, a seguito della Riforma l’assemblea condominiale non può deliberare se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati.

 

A differenza del precedente testo, che limitava la convocazione “a tutti i condòmini”, il nuovo comma 6 dell’art. 1136 c.c. utilizza una formula più ampia (“tutti gli aventi diritto”) che lascia intendere che ora il presupposto generale per essere convocati in assemblea non è più solo la qualità di condomino – e quindi l’essere proprietario di una unità immobiliare sita nell’edificio condominiale – ma il fatto di vantare un qualsivoglia diritto sul bene in condominio.

 

È bene dunque individuare chi sono ora, oltre al normale condomino, i soggetti a cui l’Amministratore deve inviare l’avviso di convocazione dell’assemblea, affinché la stessa possa poi legittimamente deliberare.

 

 Innanzitutto, troviamo i comproprietari dell’unità immobiliare, che devono essere preventivamente informati della convocazione, anche se poi solo uno di loro potrà partecipare all’assemblea con diritto di voto vincolante anche per gli altri.

 

Perché uno dei comproprietari “pro indiviso” di una unità immobiliare possa ritenersi ritualmente invitato a partecipare all’assemblea non occorrono particolari formalità, essendo sufficiente che risulti provato che, dato l’avviso a uno dei comproprietari, quest’ultimo abbia reso edotti gli altri della convocazione.

 

È frequente il caso della cointestazione del bene tra marito e moglie conviventi; in tal caso può presumersi che l’avviso di convocazione inviato solo all’uno sia comunque portato a conoscenza anche dell’altro: all’assemblea partecipa indifferentemente uno dei coniugi o entrambi, e uno dei due manifesta il proprio voto vincolante anche per l’altro. Può accadere invece che l’unità immobiliare resti cointestata ai coniugi non conviventi in quanto separati o divorziati e che entrambi, pur con interessi confliggenti, si presentino contemporaneamente in assemblea, senza avere preventivamente deciso chi dovrà esprimere il voto.

 

Si è detto che il diritto a manifestare il voto spetta a un solo rappresentante, che adesso, secondo quanto previsto dalla Riforma (art. 67 disp. att. c.c.), deve essere designato dai comproprietari stessi secondo la procedura dettata dall’art. 1106 c.c., cioè dalla maggioranza di loro calcolata secondo il valore delle rispettive quote. Scelta difficile che inevitabilmente sarà lasciata, in caso di disaccordo, all’Autorità giudiziaria, qualora le quote siano di pari valore.

 

QUALI SONO – PERALTRO – LE RIPERCUSSIONI SULL’ASSEMBLEA?

 

Da un punto di vista teorico, lo svolgimento dell’assemblea dovrebbe essere sospeso in attesa che il giudice, su ricorso di uno dei comproprietari, decida a chi, tra di loro, spetti il diritto di esprimere il voto in assemblea, vincolando anche gli altri partecipanti alla comunione.

 

La soluzione proposta non pare soddisfacente, ed è sicuramente meno funzionale di quella precedentemente in essere, che attribuiva al presidente dell’assemblea il diritto di scegliere per sorteggio.

 

Seconda categoria degli “aventi diritto” alla convocazione è quella degli eredi.

 

  L’Amministratore è tenuto a inviare personalmente agli eredi l’avviso di convocazione assembleare solo nel caso sia stato informato del fenomeno successorio.

 

Altre categorie degli “aventi diritto” alla convocazione sono quelle degli usufruttuari, del nudo proprietario e dell’abitatore.

 

 

Il diritto alla “partecipazione attiva” nelle assemblee dei condòmini è riconosciuto sia all’usufruttuario che al nudo proprietario, a seconda dei temi trattati.

 

La disciplina qui complessivamente esaminata risulta applicabile all’Istituto dell’Abitazione (art. 1022 c.c.), stante la clausola di richiamo sull’applicabilità posta dall’art. 1026 del Codice Civile.

 

Un discorso a parte merita il conduttore, che verrà esaminato la prossima settimana.

 

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