Come viene gestita l’approvazione del rendiconto della gestione ordinaria annuale? Cosa prevede la legge in tal senso?
L’art. 1136, rubricato “costituzione dell’Assemblea e validità delle deliberazioni”, stabilisce che:
“L’Assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al Condominio.
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Se l’Assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’Assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. L’Assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al Condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’Amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’Amministratore medesimo, le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità e le deliberazioni di cui agli articoli 1117-quater, 1120, secondo comma, 1122-ter nonché 1135, terzo comma, devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo.”
Per quanto attiene il tema trattato, l’art. 1135 cod. civ. stabilisce che l’Assemblea dei condomini deve provvedere, tra le altre cose, sia all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti (leggi anche “Il bilancio preventivo ordinario e il relativo progetto di ripartizione“) durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condomini (n. 2) sia all’approvazione del rendiconto annuale dell’Amministratore e all’impiego del residuo attivo della gestione (n. 3). In altre parole, deve approvare i documenti contabili del Condominio che vengono predisposti dall’Amministratore e che in pratica costituiscono il bilancio condominiale (anche se la legge non utilizza questa espressione). Poiché la legge non prevede maggioranze particolari per queste deliberazioni ne consegue che ad esse si applicano le norme (e anche le maggioranze) ordinarie.
Quindi, per l’approvazione del rendiconto della gestione ordinaria annuale occorre, in seconda convocazione, un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
Sembrerebbe tutto chiaro e semplice, ma naturalmente, come spesso accade esaminando una norma giuridica, è solo apparenza. Il problema si pone in questi termini; il termine “maggioranza” nella disposizione codicistica si riferisce unicamente agli “intervenuti”, quindi si potrebbe sostenere, come alcuni interpreti sostengono, che, una volta che si ottiene la maggioranza delle teste a favore di una certa deliberazione, è sufficiente verificare se detta maggioranza raggiunge o meno un terzo dei millesimi, a prescindere dalla votazione dei restanti due terzi dei millesimi, che potrebbero non partecipare alla votazione o astenersi, ma potrebbero anche votare contro.
Secondo questa tesi, nel caso in cui in un Condominio con 10 teste siano presenti in Assemblea 10 condomini rappresentanti 1000 millesimi, a favore di una delibera per la quale occorra una maggioranza ordinaria votino 6 condomini che rappresentano 350 millesimi, mentre i restanti 4 condomini rappresentanti 650 millesimi votino contro, la delibera risulterebbe approvata. Bisogna riconoscere che tale impostazione, attenendosi al dato letterale della disposizione, è perfettamente sostenibile.
La giurisprudenza, superando il testo, ancora una volta poco felice, della norma, ritiene necessario che anche il valore millesimale a favore della delibera rappresenti la maggioranza; in altre parole, i restanti due terzi non devono votare contro la delibera, altrimenti non vi è più una maggioranza (di millesimi) a favore.
In conclusione, per l’approvazione del rendiconto annuale ordinario in seconda convocazione devono sussistere entrambe le maggioranze stabilite dall’art.1136 c..c. 3 comma ed entrambe devono risultare per l’appunto maggioritarie rispetto al numero ed alla rappresentatività dei partecipanti contrari all’approvazione.
Si parla del principio della “doppia maggioranza”, che è stato enucleato dalla giurisprudenza della Suprema Corte nella vigenza della precedente formulazione dell’art. 1136 c.c., quando si prevedeva che “la deliberazione assunta dell’Assemblea condominiale, in seconda convocazione, è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al Condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio”.

Leggiamo cosa riporta la Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza n. 6625 del 05/04/2004:
“La Corte territoriale, facendo propria una interpretazione letterale della norma del tutto avulsa dal contesto dell’intera disposizione, ha ritenuto che, ai fini dell’approvazione di una delibera in seconda convocazione, sia sufficiente il raggiungimento di una maggioranza di voti favorevoli pari ad un terzo dei presenti a condizione che rappresentino almeno un terzo della proprietà, ritenendo del tutto irrilevante che la “minoranza” contraria possa rappresentare un valore della proprietà superiore a quello della maggioranza.
La erroneità del principio affermato e la sua illogicità emergono in modo palese dalla interpretazione complessiva dell’art. 1136 c.c.. Il primo e secondo comma dell’articolo in esame, che concernono la validità delle delibere in prima convocazione, prevedono un doppio quorum costitutivo e un doppio quorum deliberativo, con la espressa menzione che i voti favorevoli devono rappresentare “la maggioranza” degli intervenuti e almeno la metà del valore (quest’ultimo quorum può non essere “maggioranza” solo in caso di Assemblea totalitaria, ma anche in tal caso non sarebbe comunque “minoranza”); il terzo comma – riferito all’ipotesi che in prima convocazione non sia stato possibile raggiungere il numero legale, e al fine di consentire che il Condominio possa comunque operare – fissa (implicitamente) il quorum di presenza ad un terzo dei partecipanti al Condominio che rappresenti almeno un terzo del valore, ponendo lo stesso doppio quorum come limite minimo per la validità delle deliberazioni.
È evidente, perciò, che in caso di partecipazione all’Assemblea di un solo terzo dei condomini (che rappresenti almeno un terzo del valore) la deliberazione sarà valida se approvata all’unanimità, mentre in caso di più nutrita partecipazione, la deliberazione sarà soggetta comunque al raggiungimento, da parte della maggioranza dei votanti a favore, del doppio quorum.
Non è, infatti, sufficiente che la maggioranza dei votanti a favore sia rappresentativa di almeno di un terzo del valore, ma è necessario altresì che coloro che abbiano votato contro l’approvazione non siano rappresentativi di un valore maggiore rispetto agli altri, anche se numericamente inferiori. In sostanza occorre che la maggioranza sia tale non solo relativamente al numero dei votanti a favore, ma anche relativamente al valore del bene da essi rappresentato.
D’altra parte, diversamente argomentando, si conferirebbe, ai fini dell’approvazione delle delibere, una rilevanza maggiore al numero dei votanti rispetto al valore che essi rappresentano, principio che non trova alcun supporto nel disposto dell’art. 1136 c.c. che appare, invece, ispirato al principio opposto. Infatti, il secondo comma della citata norma, in tema di maggioranza richiesta per le deliberazioni in prima convocazione, dimostra di privilegiare il valore dell’edificio, in quanto, mentre prevede come sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti (in ipotesi, la metà dei due terzi dei partecipanti al Condominio più uno, cioè 1/3 più uno), esige poi che detta maggioranza rappresenti comunque almeno la metà del valore; analoga prevalenza del valore è riscontrabile nella previsione del quinto comma dell’art. 1136 c.c. in tema di innovazioni, laddove per l’approvazione delle relative delibere è richiesta la maggioranza dei partecipanti al Condominio (in ipotesi la metà più uno), ma a condizione che abbiano una rappresentatività non minore dei due terzi del valore.
La previsione del terzo comma, dedicata alle deliberazioni in seconda convocazione, si fa carico dell’esigenza che il Condominio possa comunque prendere le necessarie deliberazioni, ponendo il doppio quorum richiesto in valore paritario, previsione che rappresenta di per sé uno strumento coerente per soddisfare le suddette esigenze, e che non potrebbe essere stravolta in via interpretativa con un ingiustificato ribaltamento del rapporto tra numero dei partecipanti e la loro rappresentatività.
È evidente quindi che per l’approvazione delle delibere Assembleari in seconda convocazione devono sussistere entrambi i quorum previsti dal terzo comma dell’art. 1136 c.c., ed entrambi devono risultare maggioritari, rispetto al numero e alla rappresentatività dei partecipanti contrari all’approvazione.”
La regola della doppia maggioranza non cambia dopo l’intervenuta modifica del testo dell’art. 1136 c.c.. In senso totalmente conforme vedasi altresì l’ordinanza n. 25558 del 12.11.2020 della II Sez. Civile della Suprema Corte Pres. Manna. Est. Bellini,, nonché Tribunale di Milano, Sezione 13 Civile, Sentenza 15 dicembre 2014 n. 14930.
Tra i poteri dell’Assemblea vi è anche quello di ratificare, con l’approvazione del rendiconto, un impegno particolare di spesa, ancorché non autorizzato, eccedente i poteri di gestione ordinaria dell’Amministratore (Trib. Genova, Sez. III 25 febbraio 1994).