Secondo altri autori, tra cui segnaliamo Francesco Schiena, in “Il nuovo rendiconto in Condominio”, il primo principio contabile da applicare in tema di rendiconto condominiale trova origine nella peculiarità giuridica del Condominio quale ente di gestione privo di personalità giuridica, privo – quindi – di autonomia patrimoniale perfetta.
.Ne consegue, secondo l’Autore, l’impossibilità a conseguire arricchimenti o depauperamenti in ragione del finanziamento di tipo squisitamente mutualistico necessario a far fronte alle corrispettive obbligazioni derivanti dalle deliberazioni assembleari e dalla qualità di proprietario delle parti comuni.
In altre parole, non sarà possibile nel rendiconto condominiale l’ipotesi di un avanzo o di un disavanzo patrimoniale, né la presenza di immobilizzazioni nell’attivo patrimoniale, ogni forma di proprietà dovendo essere ricondotta esclusivamente in capo ai singoli condomini, e non al Condominio in quanto tale.

Sempre secondo questa corrente di pensiero, un ulteriore principio contabile generale da tenere in considerazione è quello che discende dalla natura privatistica del Condominio, e cioè che non vi è nessuna equiparazione con l’ente societario.
Ancora, nessuno schema aziendalistico obbligatorio, nessuna rigidità ragionieristica, ma flessibilità adeguata alle necessità amministrative e decisionali dell’ente.
Altro dato dal quale escludere che il rendiconto condominiale sia equiparabile al bilancio di una società lo si ricaverebbe dalla differenza terminologica utilizzata dal Legislatore, che parla appunto di “rendiconto” del Condominio e non di “bilancio” proprio per tenere distinti e quindi differenziare tra loro i due documenti.
Infatti, con l’art. 1130 bis c.c. il legislatore ha introdotto una norma speciale ad hoc in ambito condominiale, senza effettuare richiami alle norme sul bilancio di esercizio aziendale. D’altro canto, il rendiconto condominiale deve osservare le regole di contabilità generale, quindi è necessario che la tecnica contabile imposta dalle nuove disposizioni normative risulti coerente con la natura giuridica dell’ente condominiale.
E la posizione della giurisprudenza?
La giurisprudenza di merito e di legittimità è sempre stata formalmente contraria all’applicazione nel Condominio delle norme in materia contabile prevista per le società (art. 2423 bis c.c.).
Infatti secondo i Giudici, il rendiconto condominiale non deve essere redatto con forme rigorose, similari ed analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, bensì è sufficiente:
“ … che risulti adatto ed adeguato a rappresentare ai condomini le voci di entrata e di uscita e la relativa ripartizione per quote a carico dei singoli condomini, fermo restando la distinzione delle spese ordinarie rispetto a quelle aventi caratteristica straordinaria…né si richiede che queste voci siano trascritte nel verbale assembleare, ovvero siano oggetto di analitico dibattito ed esame alla stregua della documentazione giustificativa, in quanto rientra nei poteri dell’organo deliberativo la facoltà di procedere sinteticamente all’approvazione stessa, prestando fede ai dati forniti dall’Amministratore alla stregua della documentazione giustificativa”.
(Cass. 454/17 – Cass. 1405/07 – Cass. 8877/05 – Cass. 9099/00 Cass. 3747/94 – Cass. 896/84 – App. Milano 134/88 Trib. Genova sentenza 3 marzo 1994 Tribunale di Foggia sentenza 18 febbraio 1997)

Quindi, due diverse impostazioni, una che pone l’accento sulle analogie tra il bilancio societario e il rendiconto condominiale, e ritiene applicabile al Condominio per analogia la disciplina societaria, un’altra che pone l’accento sulla unicità del Condominio e si dichiara contraria a commistioni con le regole per le società.
A chiusura dell’argomento, possiamo rilevare che entrambe le visioni colgono una parte di verità e le conclusioni potrebbero essere riassunte nei seguenti termini: indubbiamente vi sono analogie tra le norme dettate per la società e quelle per il Condominio, ma altrettanto evidentemente la contabilità condominiale si basa su una disciplina propria, che può essere accostata per alcuni aspetti alle previsioni in materia societaria, ma che è autonomamente normata e dotata di principi propri e autonomi, che non possono essere automaticamente ricavati per analogia dalle disposizioni dettate per le società.